TENDINOPATIA DEL TENDINE D’ACHILLE

La tendinopatia del tendine d’Achille è tra le più comuni infiammazioni tendinee dello sport. Ma è molto comune anche nei soggetti di età più avanzata che non praticano attività sportiva come conseguenza di una degenerazione progressiva della struttura del tendine.

Nella prima fase si può presentare come una peritendinite con evidenti segni di infiammazione locale, ma nella maggior parte dei casi si tratta di una tendinosi cronica.

Nel tessuto tendineo si rilevano delle alterazioni istologiche dovute all’età che si combinano con le microlesioni dovute a microtraumatismi ripetuti tipici di chi pratica attività sportiva.

Risulta essere più frequente la tendinopatia che interessa il corpo del tendine a circa 4 centimetri dalla inserzione distale (porzione meno vascolarizzata), mentre è meno frequente la tendinopatia inserzionale.

È fondamentale la diagnosi differenziale con la borsite retro calcaneare.

Come detto in precedenza le sollecitazioni ripetute possono portare alla cronica sofferenza del tendine e quindi alla tendinosi che è caratterizzata da un aumento del volume trasverso del tendine visibile a occhio nudo e confermato da esame ecografico. Inoltre il tendine perde le sue caratteristiche tipiche con sostituzione delle fibre collagene con tessuto meno resistente e anche alla formazione di depositi calcifici. Se non curata questa situazione può portare anche la rottura del tendine.

Il dolore inizialmente può essere lieve e presente solo durante e dopo attività sportiva, ma comunque inizialmente non vi sono limitazioni nelle comuni attività quotidiane. Successivamente il dolore e le alterazioni possono diventare decisamente più importanti e possono quindi precludere l’attività sportiva.

Il trattamento della tendinopatia è fondamentalmente conservativo e basato sull’utilizzo di FANS nelle fasi infiammatorie, uno scarico del tendine d’Achille mediante rialzo calcaneare, fisioterapia per allungamento dell’unità mio tendinea e trattamento manuale del tendine stesso, massoterapia, lavoro muscolare eccentrico.

Anche le terapie fisiche possono aiutare ma soprattutto nelle fasi infiammatorie. Ma laserterapia e tecarterapia possono anche favorire la vascolarizzazione nei tessuti peritendinei profondi mediante il loro effetto termico. L’ossigeno-ozono terapia e le onde d’urto focali possono aiutare migliorando la vascolarizzazione  e l’ossigenazione dei tessuti peritendinei.

Negli ultimi anni si sono utilizzate sempre più anche tecniche di medicina rigenerativa. Con questa metodica si possono iniettare i cosidetti gel piastrinici (o più correttamente i PRP – Plated Rich Plasma) direttamente nel sito di lesione. Questi concentrati sono ottenuti mediante una metodica del tutto ambulatoriale tramite prelievo di sangue venoso che opportunamente trattato e filtrato porta alla formazione dei PRP ricchi di fattori di crescita che regolano e stimolano la crescita e guarigione dei tessuti e sostanze antinfiammatorie come le citochine.

Il ritorno allo sport è molto variabile. Possono infatti occorrere poche settimane nei processi infiammatori acuti, mentre se si instaura una cronicizzazione del processo possono occorrere fino a 6 mesi. Risulta quindi fondamentale una diagnosi precoce che nelle fasi iniziali può impedire la cronicizzazione del processo.

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